Due vite diverse accomunate dalla Fede e dalla Fortezza: don Luigi e don Giovanni Fausti
Don Luigi Fausti (1814 – 1890), sacerdote, maestro, cappellano, cavaliere della Corona d’Italia (con R.D. 15 febbraio 1881) fu un’insigne figura del Risorgimento bresciano, essendosi distinto nei moti del 1848 e dimostratosi sempre un ottimo e combattivo patriota, sempre ispirato e guidato dalla fede cristiana che l’annoverava come ministro di culto; nel 1863, alla morte di Maffeo Fausti fu Bortolo, primo Sindaco dall’Unità, la sua gente ne volle riconoscere i meriti e fu pertanto eletto primo cittadino del suo paese, Brozzo; al Comune, morendo, lasciò in eredità il già citato palazzo di famiglia affinché fosse adibito a sede dell’Amministrazione Civica e delle scuole[1].
Un altro Fausti di cui Marcheno si ricorda fu Giovanni, classe 1899, che dopo aver compiuti gli studi tra Brozzo e Pezzaze, ove suo zio Umberto Segalini era parroco, entrò nel Seminario minore di S. Cristo e qui conobbe G. B. Montini il futuro papa Paolo VI. Nel 1917-20 prestò servizio militare nel II Reg.to Artiglieria pesante a Modena, Spilimberto, S. Cesario, Salizzole, Portogruaro e infine Roma. Qui, nel 1920, fu ospite del Pontificio Seminario Lombardo e, iscrittosi alla Pontificia Università Gregoriana si laureò in teologia e, presso l’Accademia di S. Tommaso, in filosofia. Il 9 luglio 1922 fu consacrato prete a Roma, nel ’23 iniziò la carriera dell’insegnamento presso il Seminario di Brescia, e nel 1924 si fece gesuita. Nel 1928 fu per la prima volta in Albania, a Scutari ove continuò a insegnare. Cercò di avvicinare i Mussulmani per convertirli e per fare ciò studiò a fondo la religione islamica. Sull’argomento pubblicò alcuni saggi tra i quali L’Islam nella luce del pensiero cattolico (“La civiltà cattolica”, Roma 1934). Fra il 1933 e il ’36 s’ammalò di tubercolosi e trascorse molto tempo in vari sanatori. Nel ’37 lanciò l’idea della Lega degli amici dell’Oriente Islamico, che ebbe buona diffusione in Italia e Spagna. Trascorsi alcuni anni in patria, dove diede alle stampe numerosi libri, nel 1942 tornò a Scutari come rettore del Pontificio Collegio Saveriano. Con l’inasprirsi delle vicende belliche si trasferì a Tirana facendo opere di carità, soprattutto per gli Italiani caduti in disgrazia dopo la capitolazione nel paese delle due aquile. Nel novembre 1944, per proteggere la popolazione dalle rappresaglie germaniche fu ferito a un polmone e alla clavicola. Ritiratisi i Tedeschi però la situazione fu assai peggio sotto i feroci partigiani comunisti, che intrapresero una feroce campagna contro la Chiesa Cattolica. Ne fece le spese in prima persona Giovanni Fausti, arrestato il 31 dicembre 1945 con l’accusa di “propaganda anticomunista”. Dopo una serrata campagna denigratoria di piazza e di stampa, il processo-farsa si concluse il 22 febbraio 1946 con il verdetto della pena di morte, che fu eseguita il 4 marzo successivo mediante fucilazione. In punto di morte don Fausti disse: «Sono contento di morire, reo di aver compiuto il mio dovere. Viva Cristo Re!».
Il 4 marzo 1966, a vent’anni dal martirio, Marcheno intitolò a padre Giovanni Fausti le scuole elementari di Brozzo. Nel 1994, sul presupposto del buon rapporto che il sacerdote marchenese ebbe a instaurare con la popolazione albanese, furono avviate le pratiche per un gemellaggio tra Marcheno e il comune squipetaro di Blinisht. Tale gemellaggio fu ratificato nell’ottobre 1996 in concomitanza con l’inaugurazione di un monumento a padre Fausti e Dajani (anch’egli trucidato dai comunisti albanesi). La missione sorta in terra d’Albania ha già costruito sei chiese, strutture pastorali, scuole, officine, botteghe artigianali, due frutteti, orti e un ambulatorio medico.
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[1] C. SABATTI 1995, p. 86 e F. BEVILACQUA 1995 cit.