I principali centri della valle tra la fine del sec. XV e l’inizio del secolo XVII.

Carestie, tempi di magra, pestilenze ed epidemie falcidiavano la popolazione che comunque in generale crebbe tra il XV e il XVI secolo. Vediamo una panoramica dell’entità e dell’andamento demografici nei centri della Valtrompia.

PAESE
POPOLAZ. 1493
POPOLAZ. 1567
POPOLAZ. 1610
S. Vigilio
350
-
600
Concesio *
450
-
850
Bovezzo **
450
-
350
Nave
750
-
1600
Caino
480
-
700
Villa Carcina
860
-
1400 circa
Carcina
-
-
400
Villa
-
-
1000 circa
Polaveno
-
-
1000 circa
Sarezzo
780
-
1800
Lumezzane
760
-
3000 circa
Lumezzane Pieve
-
-
1500 circa
Lumezzane S. Ap.
-
-
1500 circa
Gardone V.T.***
1600
1600
1800
Marcheno****
1350
-
1550
Cimmo
950
-
950
Pezzoro
280
-
300 circa
Marmentino
700
-
600
Irma
430
-
470
Pezzaze
1400
-
1900
Lodrino
825
-
900
Bovegno
2000 circa
-
3100
Collio
2000 circa
 
2500

 * con Bovezzo ** con Concesio *** con Inzino e Magno **** con Brozzo e Cesovo (circa 500 abitanti ciascuno).

 
In bassa valle Concesio nel XV secolo era centro nodale, che declinò con il distaccamento dalla pieve di S. Antonino prima della chiesa di SS. Emiliano e Tirso (Villa) indi di quella di Bovezzo dedicata a S. Apollonio (1480), poco dopo S. Gregorio di S. Vigilio e via via le altre di Carcina, Cailina, Cogozzo.
La valle del Garza annoverava sin dagli inizi del secolo XV alcune cartiere. Giovanni da Lezze annota, nel 1610, esservi «sei edifici da far carta», e altri due a Caino. Non solo: vi erano tre “mastri” abili nel fabbricare spade. Grazie a tale economia protoindustriale la popolazione potè accrescersi in misura maggiore che in altri centri della valle Trompia.
Carcina pure annoverava una cartiera, oltre almeno due fucine da ferro; a Villa sono attestati cespiti economici derivanti tra l’altro da legname da taglio.
I monti di Polaveno e Brione fornivano legname in gran quantità, ma vi si coltivavano pure cereali e alberi da frutto (ciliegie, amarene, mele, susine, castagne); assai praticati erano l’allevamento e la caccia.
 
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Scena di caccia in un'incisione del 1523
 
A Sarezzo nel 1586 erano presenti un forno fusorio, le calchere e nove fucine grosse le quali producevano attrezzi agricoli, incudini, armi e utensili.
Lumezzane restò nel corso dei secoli XVI e XVII priva di statuti e in parte isolato sia dalla Valle Trompia che da Brescia. Dal 1427 era feudo degli Avogadro, ricompensati con quelle terre dai Veneziani cui il nobile Pietro era rimasto fedele. Tra il 1541 e il 1543 si scisse in due Comuni: Pieve e S. Apollonio. Nel territorio dei due centri – annota il Da Lezze nella sua relazione del 1610 - vi erano 2000 pecore, alcune decine di vacche, buoi cavalli asini. Nei boschi si tagliava abbondante legna e la terra, fertile, forniva cereali, vino, fieno e vari frutti. Vi si producevano “panni grossi” di lana grezza non mancando la materia prima derivante dagli ovini, sebbene sia ipotizzabile che parte venisse importata da Venezia. A Pieve erano sette “fucine grosse” e altrettante più modeste: il torrente Gobbia forniva l’energia meccanica necessaria a farle funzionare.
Di Gardone e delle sue armi in gran parte si dirà oltre; s’aggiunga qui che nel 1610, a testimonianza dell’importanza e relativa ricchezza di questo centro, erano attivi un medico e un maestro pagati dalla popolazione. Agli inizi del XVII secolo fu imposto il divieto d’esportazione delle armi e le aziende entrarono in crisi, divieto che fu rimosso nel 1618 e l’economia tornò a correre.
Marcheno nel 1493 contava 480 abitanti, 550 Brozzo e 320 Cesovo; nel 1610 a Marcheno erano 550 anime, 500 a Brozzo e 500 a Cesovo. Vi erano pascoli, vi venivano prodotti chiodi, ed esistevano piccole fucine che producevano, tra l’altro, acciarini. Testimone di vocazione armiera un antico stemma rappresentava una pistola incrociata a un pugnale, sormontati da un leone rampante e da una corona turrita.
Fucine e panni di lana bestiame e caccia erano le risorse di Tavernole (intesa come centri allora predominanti ovvero Cimmo e Pezzoro).
 
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Affresco nella chiesa di San Filastro (Tavernole)
 
 
La chiesa di S. Filastrio (secoli XV-XVII) è uno dei più insigni monumenti religiosi della Valle Trompia, e contiene begli affreschi del Quattrocento.
Marmentino (che contava a quei tempi quasi gli abitanti di oggi) viveva di allevamento e legna, come pure Irma (che contava il triplo degli abitanti di oggi!).
Pezzaze, oltre all’allevamento e alle risorse boschive, possedeva miniere, fucine, un forno fusorio e produzione di attrezzi agricoli.
A Lodrino era attiva sin dal XVI secolo una fornace; pascoli e produzione di carbone completavano un’economia piuttosto povera.
Bovegno nel XV e XVI secolo era il centro più popoloso della Valle Trompia, sebbene vi sia discordanza tra i dati del censimento del 1600 (2223 abitanti) e le annotazioni del Da Lezze (3100 abitanti).
Collio, secondo per popolazione, possedeva un fiorente allevamento con cospicua produzione casearia, e miniere che estraevano ferro dalle ricche vene montane. Nel 1555 Tizio fu devastato da un incendio. Nel 1570-71 alcuni soldati colliensi partirono per combattere i Turchi a Lepanto.
 
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