L’esame del periodo 1990 – 2008, che ci conduce direttamente all’oggi, non può prescindere dal ricorso a categorie storiche, dacché un giudizio, per essere storico, necessita della decantazione che solo il trascorrere del tempo può fornire.
Posta questa breve quanto necessaria premessa cerchiamo, per sommi capi, di riassumere gli eventi verificatisi nel lasso temporale in esame al solo scopo di tracciare delle linee generali di sviluppo per ottenere una sintesi, per sua stessa natura incompleta e lacunosa, di processi peraltro in costante evoluzione. Se infatti il periodo storico dell’età moderna poteva essere trattato per secoli, e quello dell’età contemporanea per decenni, un’analisi dei tre lustri abbondanti che separano il 1990 dal presente necessiterebbe di una sezione per ogni singolo anno, non tanto in virtù di una cronologia più densa d’eventi nelle varie tematiche, dall’economia alla società alla demografia, ma per il succedersi sempre più serrato e frenetico di cambiamenti anche radicali in tutti questi argomenti.
La Valle Trompia è assai cambiata nel corso degli anni ’90. E’ pur vero che è rimasta una zona industrializzata, ma non lo è più in maniera prevalente: il settore terziario si è ampliato a dismisura; molte aziende sono state delocalizzate; sono sorti nuovi servizi, molti dei quali a servizio delle stesse imprese industriali; altri hanno seguito il corso delle nuove tecnologie informatiche. La seconda metà del decennio ha inaugurato una nuova era: l’era di internet. I caratteri di portata rivoluzionaria innescati nel decennio 1980 – 1989 si sono accentuati con l’introduzione di questa rete informatica mondiale, che ha reso lo spazio e la distanza due concetti assai diversi da come erano stati concepiti sino ad allora. Il terziario avanzato, sempre più complesso, sofisticato, ha assorbito i vuoti della manodopera industriale specializzata, e le generazioni più giovani (i nati tra il 1975 e il 1980) hanno in larga parte manifestato aspirazioni diverse dallo svolgere i mestieri di operaio o artigiano, foss’anche si trattasse di operai specializzati e di artigiani con buone prospettive di guadagno.
L’aspetto demografico, d’altra parte, è alla radice di quello economico, inteso come congerie di risorse umane e applicazione di saperi. Una popolazione sempre più vecchia e devitalizzata è stata stravolta dall’innesto di un’immigrazione selvaggia; la Tradizione trumplina (con la “T” maiuscola, per dirla con Veneziani[1]) è stata spazzata via dal nuovo vento della globalizzazione e i suoi residui, ancora presenti nei nuclei storici dei vecchi borghi e nella memoria storica delle generazioni più vetuste, sono minacciati dall’occupazione di quegli stessi cuori di paese da parte di popoli diversi per razza, cultura, religione. Nel 1991 gli abitanti della valle superavano di poche migliaia le 100.000 unità, oggi ammontano a circa 108.000. Il saldo naturale (nati/morti) si è mantenuto costantemente basso per tutto il decennio e ancora oggi è così, eccezion fatta per qualche caso isolato. Ad aumentare a dismisura è stata, come si faceva cenno, l’immigrazione extracomunitaria e, in tempi recentissimi (per effetto dell’inglobamento nell’Europa della Romania e della Bulgaria) comunitaria dai Balcani. Dal 3-4% di stranieri (regolari) presenti in valle nel ’91, si è passati in pochi anni a punte del 10-13%, tant’è che la zona è, con l’intera provincia bresciana, una di quella a maggior concentrazione straniera in Italia. Tutto ciò ovviamente considerando soltanto i regolari, essendo noto a tutti che sul territorio insistono un numero imprecisato di irregolari e clandestini. Ad acuire il fenomeno ha contribuito l’ormai favorita pratica dei ricongiungimenti famigliari, che ha avuto come conseguenza l’afflusso di donne extracomunitarie (all’inizio del fenomeno erano invece nettamente preponderanti le presenze maschili) e l’impennata del numero di figli stranieri a cospetto di piccoli italiani, generati nel frattempo in quantità assai minore. Anche la provenienza etnica delle genti immigrate è mutata rapidamente e più volte, a ondate, nel quinquennio in esame. Tra la fine degli anni ’80 e la prima metà dei ’90 sono giunti numerosi i Nordafricani, gli Europei dell’est, in prevalenza Albanesi e Slavi; verso la metà del decennio ha avuto inizio un imponente flusso di Africani Sub-Sahariani e Asiatici, in prevalenza dal Pakistan) ed è continuato l’afflusso di cittadini dell’ex blocco comunista (C.S.I., Balcanici, Slavi); infine, tra la fine del secolo e oggi, si sono moltiplicati gli arrivi di Slavi (Ucraini, specie di sesso femminile, Russi, ex Jugoslavi, Albanesi e Kosovari, Balcanici della Romania, Bulgari, e alcuni più sporadici Indoeuropei), Africani sia dal Maghreb, Egitto, Tunisia che dall’Africa Nera specie occidentale (Senegal, Nigeria, Ghana ecc.), mentre non si è arrestato, anche per i già citati massicci ricongiungimenti, il flusso di Asiatici sia di lingua araba e urdu (Pakistan) che cinese e indiana (Cinesi, Coreani, Bengalesi, Cingalesi ecc.). Il tessuto sociale e la dislocazione dei nuovi arrivati all’interno del tessuto urbano hanno mutato radicalmente l’aspetto dei nostri paesi: sono sorti esercizi pubblici, aziende, negozi, servizi di stranieri e rivolti quasi unicamente a stranieri in quasi tutti i centri della valle; la tanto decantata integrazione si è fino a oggi rivelata un aspetto episodico affidato alla volontà dei singoli, mentre è vero il contrario, ovvero che si sono formati dei veri e propri ghetti di stranieri, interi quartieri da questi occupati[2]. I centri storici in particolare hanno del tutto perso la loro identità, a lungo caratterizzata da attività tipiche, da un capillare artigianato (abbiamo visto come già negli anni ’80 fosse iniziato un trasferimento, in molti casi incoraggiato dalle amministrazioni locali se non forzato, delle attività produttive dai centri alle zone artigianali e industriali) e da un commercio di vicinato che ha a lungo costituito altresì un presidio di controllo sociale oltre che di socializzazione tra gli abitanti indigeni. Le scuole si sono riempite di alunni stranieri di varie razze e culture, con religioni e sensibilità differenti anche tra loro, costringendo gli istituti ad adeguare tempistiche, programmi, didattiche. Ai nostri anziani, lasciati soli dalle famiglie dei figli in cui entrambi i coniugi lavorano, sempre più disgregate da separazioni e divorzi, sono state affiancate le badanti. Come si vede, e qui non possiamo dilungarci oltre, i cambiamenti già in atto nella società sono stati resi più evidenti dall’immigrazione di cui l’industria e la società si sono peraltro serviti per generare profitto e ricevere ausilio.
L’economia valtrumplina d’altro canto ha vissuto fasi alterne ma, nell’insieme, ha tenuto il passo. A soffrire maggiormente sono stati i sotto-settori dei casalinghi e dei sanitari, le trafilerie (nel 1993 chiuse la L.M.I. di Villa Carcina che negli anni ’70 aveva quasi un migliaio di dipendenti); molte aziende, anche di medie e grandi dimensioni, si sono trasferite altrove: solo per fare qualche nome le lumezzanesi ABERT, Sabaf, Camozzi tra le meccaniche; sempre le lumezzanesi ALMAG, Eredi Gnutti Metalli e le trafilerie Carlo Gnutti tra le metallurgiche; varie imprese edili e dei trasporti; una grossa fetta della produzione della Redaelli di Gardone. Altre aziende hanno ridimensionato o addirittura cessato di produrre: tra esse la Bernardelli armi e la S.D.I. di Gardone, la Omega e la fonderia Grandini a Sarezzo; il cotonificio Bernocchi di Villa; la miniera Torgola a Bovegno. Le quote di mercato in genere mostrano un accrescimento dell’esportazione, particolarmente evidente nei settori armiero, dei casalinghi, rubinetterie, serrature ecc., meno evidente invece per i comparti metallurgico e siderurgico. Per quest’ultimo che, unitamente alle ferriere ha costituito uno degli assi nella manica dei centri industriali valtrumplini, si pensi alla siderurgica Lucchini a Sarezzo (oggi Acciaierie Venete), alle ferriere e acciaierie della valle del Garza, le tendenze oggi in atto, dopo anni di alterne fortune, sembrano offrire spunti di cauto ottimismo: i recenti risultati conseguiti nel 2007 evidenziano per Lucchini S.p.A. un fatturato in crecita dell’11,6% rispetto all’anno precedente, il maggiore tra quelli del comparto nell’intera provincia con € 2.745.959, e un utile anch’esso in crescita, pari a € 151.065; bene anche l’altra grande siderurgica, la Stefana S.p.A. di Nave, che ha fatto registrare nel 2007 un utile superiore del 6% rispetto a quello del 2006, e che evidenzia un fatturato d’esercizio di € 502.441 (+ 8,4%). Per contro in tempi recenti a soffrire è l’industria meccanica.
I servizi, invece, si sono notevolmente potenziati: nel 1991 nacque a Lumezzane la Lumetel, primo esempio in Italia di agenzia di servizi telematici rivolti alle imprese. Le aziende terziarie di progettazione industriale, credito finanziario, programmazione e gestione aziendale sia a livello contabile che informatico, software gestionali, analisi chimiche e ambientali, consulenza aziendale, assicurazioni, istituti di credito, finanziarie, agenzie immobiliari, commercio all’ingrosso e di prodotti industriali, autotrasporti ecc.
La rete commerciale si è andata sempre più concentrando in supermercati di dimensioni medie o grandi: accanto alla storica “Rinascente” (passata frattanto in mano francese e divenuta “Auchan”), sono stati inaugurati un supermercato Esselunga a Sarezzo e vari altri punti e centri commerciali nei centri più popolosi della valle, mentre i piccoli negozi si sono alquanto ridotti di numero; tutto ciò è stato favorito anche dalla legislazione del commercio, nel frattempo notevolmente deregolata per effetto della legge 112/1998, che ha tra l’altro soppresso le tabelle merceologiche e generalizzato una partizione tra alimentari e non alimentari, spianando di fatto la strada alla grande distribuzione. In tempi recentissimi poi un nuovo colpo di spugna ha liberalizzato orari e requisiti, sciogliendo vincoli anche significativi (ad esempio i libretti sanitari per i baristi e ristoratori) in nome di un liberismo con poche regole e di una nuova centralità del soggetto consumatore.
Nei vari paesi della valle frattanto sono state assai numerose le opere pubbliche ex novo o le nuove istituzioni amministrative, sociali, culturali. Si pensi, ad esempio, all’Azienda Servizi Valtrompia (A.S.V.) costituitasi nel luglio 1998, la quale gestisce oggi in forma associata le reti tecnologiche di gas e ciclo idrico; si pensi al completamento del gasdotto con gli allacciamenti di Lodrino, Pezzaze, Bovegno, Irma, Pezzoro e Polaveno; ai tratti di piste ciclabili a Concesio, Villa, Sarezzo, Gardone; alle numerose opere sociali e assistenziali (alloggi per anziani, aree di edilizia economico-popolare, centri per il disagio psico-sociale come quello di Gardone V.T. in loc. Rovedolo); alla creazione di una centralina per il rilevamento della qualità dell’aria a Sarezzo (1993) e, sempre in quel comune, al teleriscaldamento dei pubblici edifici mediante un impianto di cogenerazione, e ancora all’inaugurazione della biblioteca del Bailo (26 maggio 2000); si pensi alla sistemazione di edifici scolastici e pubblici in vari centri, all’abbattimento delle barriere architettoniche; alla costruzione di nuove sedi municipali come quelle di Pezzaze (1993) e Marcheno (2004); al nuovo presidio dell’U.S.S.L. n. 38 a Tavernole sul Mella, dotato di uffici e ambulatori (1994); all’impianto per lo sfruttamento energetico delle biomasse di Collio (2005), in grado di fornire riscaldamento al paese nella sua quasi totalità; alla riapertura e rilancio delle piste da sci di Maniva e Pezzeda; all’apertura di sportelli bancari, tra i quali la Cassa Rurale di Bovegno a Pezzaze, alla presenza dell’on. Guido Carli (ottobre 1990); alla realizzazione di percorsi mussali e d’archeologia industriale dalle miniere dimesse dell’alta valle (le ultime chiusero proprio nei primi anni ’90) attraverso il forno fusorio di Tavernole, restaurato, e i magli, le fucine di Sarezzo; all’inaugurazione di una nuova zona industriale in loc. Vidrine a Lumezzane, avvenuta il 21 marzo 1994 alla presenza del presidente di Confindustria Abete, e , sempre nel centro valgobbino, di un osservatorio astronomico in loc. San Bernardo (1993); alla razionalizzazione delle dislocazioni di imprese artigiane e industriali in altre nuove aree P.I.P. in quasi tutti i paesi della valle; alla recente creazione, a Gardone, di un museo civico delle armi; la ristrutturazione e relativa rinascita del teatro Odeon di Lumezzane; e ancora campi e centri sportivi, tra l’altro a Lumezzane, Nave, Sarezzo, Gardone, Concesio (nuova piscina a completamento del centro sportivo S. Vigilio, 2003), Lodrino, Marmentino ecc.; sferisteri, bocciodromi, campi da tennis (Sarezzo), aree verdi attrezzate, parchi giochi, impianti natatori (Lumezzane, Concesio), tiro a segno (Gardone), palestre, un diamante per softball a Marcheno…E ci fermiamo qui, scusandoci per le opere e i paesi che abbiamo omesso riportare. In buona sostanza la Valtrompia è oggi dotata di strutture primarie e di svago e intrattenimento di grande rilievo, assai apprezzate dalla popolazione. Casomai a mancare è l’offerta di locali notturni, discoteche, cinematografi – se si escludono le lodevoli eccezioni rappresentate dalle sale parrocchiali che sono risorte proprio a partire dalle metà degli anni ’90 -.
La viabilità è stata interessata da migliorie con la realizzazione di una decina di rotatorie tra la fine degli anni ’90 e oggi; diversi gli impianti semaforici eliminati; in un paio di casi sono stati realizzati sottopassaggi (Villa Carcina, Concesio); ponti pedonali sul Mella sono stati gettati tra l’altro a Collio, Bovegno, Tavernole, Sarezzo. Il servizio di autocorriere gestito dalla S.I.A, è stato potenziato, tanto da annoverare circa 300 corse giornaliere su tutte le linee trumpline, con intervalli, tra Gardone e Brescia, di soli 15 minuti tra una corsa e l’altra. E’ stata pure progettata una linea per la metropolitana leggera negli anni ’90 e poi intorno al 2000, ma il piano a tutt’oggi non risulta finanziato, così come ferma, tra le pastoie burocratiche, è la tanto invocata autostrada.
In conclusione possiamo oggi dire che il frangente storico, in rapida e continua mutazione, presenta una valle al bivio, tra un radicamento del suo potenziale industriale e artigianale, ancora forte ma non più come un tempo, e una terziarizzazione spinta, con i rischi che la recente crisi sta portando allo scoperto. Non diamo qui giudizi né sentenze: saranno gli storici di domani a raccontarci come è andata a finire.
[1] Marcello Veneziani, saggista e giornalista, autore, tra l’altro del libro «Di padre in figlio: elogio della Tradizione», Laterza, Roma 2001.
[2] Tra le varie problematiche assurse alle cronache nazionali l’annosa vicenda del residence Prealpino a Bovezzo, in cui, nel 1994, furono censiti, per iniziativa di Prefettura e Comune, ben 500 extracomunitari, di cui 200 risultarono essere clandestini.